L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato a novembre 2021 una scheda informativa sul tema della salute mentale negli adolescenti, considerando che circa la metà di tutti i disturbi mentali esordiscono prima dei 14 anni e che, se non trattati, tali disturbi persistono con gravi implicazioni anche in età adulta.
La scheda informativa sintetizza alcuni temi centrali:
• A livello globale, tra i 10 ed i 19 anni, un adolescente su sette soffre di un disturbo mentale. Condizione questa che rappresenta il 13% del carico globale di malattia in questa fascia di età.
• Depressione, ansia e disturbi comportamentali sono tra le principali cause di malattia e disabilità negli adolescenti.
• Il suicidio è la quarta causa di morte nei giovani tra i 15 e 19 anni.
• Le conseguenze di un mancato trattamento dei problemi di salute mentale in adolescenza si estendono in età adulta determinando la compromissione della salute fisica e mentale e limitando le opportunità di condurre una vita appagante.
Nonostante i dati di gran lunga allarmanti, gran parte delle problematiche di salute mentale presenti in adolescenza, rimangono non riconosciute e non trattate.
Sappiamo bene quanto l’adolescenza sia un periodo cruciale in cui si strutturano i comportamenti sociali ed emotivi che costituiscono la base per una condizione di benessere mentale. In questo contesto è essenziale la disponibilità di ambienti protettivi e supportivi in famiglia, a scuola e più in generale nella comunità.
Occorre quindi considerare i determinanti di salute ed i fattori di rischio. Tra questi abbiamo l’esposizione alle avversità (tra cui le esperienze di abuso e il bullismo), le relazioni tra pari, la pressione per conformarsi ai coetanei, la qualità della vita familiare ed i problemi socio-economici, l’influenza dei media. Molteplici fattori possono esacerbare la disparità tra la realtà vissuta di un adolescente e le sue percezioni o aspirazioni per il futuro. In questo contesto, tanto più numerosi sono i fattori di rischio cui gli adolescenti sono esposti, maggiore è il potenziale impatto sulla loro salute mentale.
In Europa, 9 milioni di adolescenti tra i 10 e i 19 anni convivono con un disturbo legato alla salute mentale (ansia e depressione in oltre la metà dei casi. Mediamente, tre ragazzi al giorno si tolgono la vita. È quanto è stato riscontrato dall’ultimo rapporto UNICEF “La condizione dell’infanzia nel mondo 2021 – Nella mia mente”. Nel nostro Paese, secondo gli ultimi dati rilasciati dall’organizzazione di volontariato Telefono Amico Italia, nel 2021 le richieste d’aiuto sono cresciute del 55% rispetto al 2020 e quasi quadruplicate rispetto al 2019. A preoccupare, in particolare, il fatto che il 28% del totale delle richieste sia arrivato da under 26.
Dati confermati anche dal rapporto Istat del 2021, nel quale si legge che i giovani fra i 14 e i 19 anni lamentano peggiori condizioni di malessere psicologico. In 220mila (circa il 10% del totale) hanno affermato di essere insoddisfatti della propria vita, così come delle loro relazioni interpersonali, familiari e della propria salute. Un dato preoccupante che mostra come un numero importante di giovani si trovi in una situazione di difficoltà emotiva, confermata dalla presenza (attorno al 10%) di forme depressive o ansiose.
Principali problemi di salute mentale
Tra i problemi di salute mentali presenti nei giovani sono in particolare da considerare:
• I disturbi d’ansia e i disturbi depressivi. I primi sono i più diffusi in questa fascia di età e sono più comuni nella tarda adolescenza (si stima che il 3,6% dei ragazzi tra 10 e 14 anni e il 4,6% dei ragazzi tra 15 e 19 anni, soffra di un disturbo d’ansia). Relativamente ai disturbi depressivi, si stima che la depressione si verifichi nell’1,1% degli adolescenti tra i 10 ed i 14 anni e nel 2,8% degli adolescenti tra i 15 ed i 19 anni. L’ansia ed i disturbi depressivi possono compromettere marcatamente la frequenza e l’impegno scolastico, favorire il ritiro sociale amplificando isolamento e solitudine.
• I disturbi comportamentali. In particolare il disturbo da deficit di attenzione e iperattività e i disturbi della condotta che possono sensibilmente influenzare il percorso educativo, fino ad esitare, specie i disturbi della condotta, in comportamenti antisociali o illegali.
• I disturbi alimentari. L’anoressia nervosa e la bulimia nervosa emergono comunemente durante l’adolescenza e la prima età adulta. L’anoressia nervosa può portare a morte prematura, spesso per complicazioni mediche o suicidio, e ha una mortalità più elevata rispetto a qualsiasi altro disturbo mentale.
• I disturbi psicotici. Le psicosi emergono più comunemente nella tarda adolescenza o nella prima età adulta e si associano a compromissione del percorso scolastico e della partecipazione sociale, spesso producendo stigma fino a violazione dei diritti umani.
• Il suicidio e l’autolesionismo. Il suicidio è la quarta causa di morte negli adolescenti tra i 15 ed i 19 anni. I fattori di rischio del suicidio sono molteplici tra cui l’uso di alcol, l’abuso infantile, lo stigma, le barriere nel ricevere aiuto. I media possono svolgere un ruolo significativo sia nel potenziare che nel ridurre l’efficacia delle azioni di prevenzione al suicidio.
• I comportamenti a rischio. Molte di queste condizioni, come l’uso di sostanze o i comportamenti sessuali a rischio, iniziano durante l’adolescenza e possono avere un grave impatto sulla compromissione del benessere mentale e fisico che si protrae in età adulta.
Alla vista di questi ultimi dati non bisogna quindi, assolutamente, sottovalutare il problema.
Cosa si può fare quindi per contrastare questo grave fenomeno?
Si potrebbe partire, per esempio dal principio. Cioè dalla normalizzazione della malattia mentale e dall’abolizione dello stigma e dei pregiudizi che girano attorno ad essa, ancora oggi fortemente presenti.
Pregiudizi
Vediamo quali sono i 5 principali pregiudizi legati ai problemi di salute mentale
1) La pericolosità, per cui la persona viene etichettata come violenta e aggressiva, bollata con la frase “pericolosa per sé stessa e per gli altri”.
Se invece si guarda alla realtà e non ai pregiudizi, si scoprirà che nelle persone con disturbo mentale la pericolosità è meno comune di quanto si possa immaginare. Numerosi dati statistici smentiscono infatti il luogo comune del “pazzo violento”. Si pensi per esempio che nel corso di un anno soltanto lo 0,2% delle persone con un disturbo schizofrenico incorrono in una sanzione per aver commesso atti penalmente perseguibili.
In ogni caso il gesto violento o sconsiderato di una persona con disturbo mentale non giustifica nessun giudizio negativo su tutta la popolazione delle persone con disturbo mentale. Per esempio, la disonestà di un bancario che sottrae denaro alla cassa della propria banca non ci autorizza a pensare che tutti i bancari sono ladri.
2) L’incomprensibilità, per cui tutto ciò che una persona con disturbo mentale produce in termini di linguaggio, di comportamenti, di presenza nello spazio relazionale viene letto attraverso lo specchio deformante del disturbo mentale. Allora i gesti e le parole sembrano perdere di significato per diventare inaccessibili.
Oggi l’uso di molteplici strumenti di analisi permette di risalire alla storia e all’unicità di quella persona, ritrovando un terreno comune su cui provare a costruire un percorso di comprensione. Così, anche i gesti più estremi e le parole più inafferrabili, se ricollocate nella storia di quella persona in quel contesto sono comprensibili.
3) L’inguaribilità, secondo cui una persona con disturbo mentale sarà sempre malata. Questo sembra valere in particolar modo per i disturbi mentali più severi come per esempio la schizofrenia.
Tale idea deriva dal luogo comune che “le malattie mentali sono incurabili”, benché sia dimostrato che tra tutte le malattie che possono capitare nel corso della vita, il disturbo mentale è quello che guarisce nella maggiore percentuale e con maggiore stabilità.
Eppure il pregiudizio dell’inguaribilità persiste per i disturbi mentali più severi. Difatti, fino a pochi anni fa il destino delle persone affette da tali disturbi era costituito dall’internamento in manicomio. Oggi queste persone vivono nella società come chiunque altri e le possibilità di ripresa sono sempre più evidenti.
L’inguaribilità resta forse il più dannoso dei pregiudizi, perché sta alla base del senso di impotenza e della perdita di speranza, sia per la persona che per la sua famiglia. È dunque decisivo che si sappia che la lotta a questo pregiudizio e le aspettative positive sono la medicina più potente di cui si dispone.
4) L’improduttività, per cui si crede che le persone affette da disturbo mentale non abbiano né capacità, né abilità, né competenze. A smentirlo basterà citare solo alcuni nomi: Abramo Lincoln, John Nash, Van Gogh, Alda Merini, Dino Campana, David Helfgott. Anche nei vecchi ospedali psichiatrici molti internati lavoravano e sostenevano con le loro attività l’istituzione, ma non erano pagati né venivano ufficialmente riconosciuti come lavoratori.
Oggi, nella vita quotidiana, attraverso norme e investimenti nel campo della formazione moltissimi giovani con disturbo mentale entrano nel mondo del lavoro. È ampiamente dimostrato che la pratica del diritto al lavoro rafforza le possibilità di ripresa.
5) L’irresponsabilità, secondo cui la persona con disturbo mentale non si rende conto di quello che fa ed è bollata come “incapace di intendere e di volere”.
Oggi è chiaro che il disturbo mentale non sovra-determina i comportamenti e, anche se li condiziona, lascia alle persone ampi margini di libertà e di scelta.
Le persone, seppure limitate agiscono sempre all’interno di due estremi: da un lato il grave deterioramento cognitivo, emotivo e affettivo. Dall’altro, una condizione di salute mentale totalmente integra. Tra questi due poli si muovono le persone reali, con una vasta gamma di sfumature, all’interno della quale ricorrono condizioni comportamentali, affettive ed emotive mutevoli. Perciò, tra l’assoluta “irresponsabilità” e la “normalità” vi è una serie di gradi intermedi dove deficit cognitivi e alterazioni affettive possono causare diminuzioni e mai totale assenza della responsabilità.
Riconoscere la responsabilità non significa credere in modo acritico che le persone con disturbo mentale siano già e sempre del tutto libere e responsabili. Significa invece adoperarsi perché possano mantenere la loro individualità e la loro identità, malgrado gli innumerevoli condizionamenti affettivi e cognitivi, relazionali e sociali.
Marta Travaglini
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Interessante analisi con una raccolta dati che evidenziano l’attuale portata del disagio mentale nelle persone, in particolare la fascia di età più giovane. Sono ancora tantissimi i luoghi comuni che vedono i più ritenere difficile attuare un “recupero strutturale” verso chi è affetto da tali disagi. È perciò un bene parlarne ed informare meglio le persone pubblicando tali argomenti.